Accordo Lactalis-fondi esteri per la cessione delle quote

MILANO – La Francia segna in contropiede un goal pesantissimo all’Italia nella partita per Parmalat. Lactalis, già titolare di una partecipazione del 13,7% nel capitale di Collecchio, ha raggiunto un accordo per acquisire la quota del 15,3% in mano a Skagen, MacKenzie e Zenit, i tre fondi che avevano presentato una propria lista per il cda per scalzare Enrico Bondi. La firma è arrivata nelle prime ore di oggi dopo un braccio di ferro con IntesaSanPaolo che in nome della cordata italiana era da ore in pressing sugli investitori istituzionali. I transalpini però – incuranti del decreto anti-stranieri allo studio di Giulio Tremonti 1 – hanno fatto saltare il tavolo con una maxi-offerta a 2,8 euro per azione (il 13% in più della chiusura di ieri) per un totale di 750 milioni che ha spiazzato Cà de Sass, costretta alla prudenza in attesa di un via libera di Ferrero all’operazione tricolore. La società della famiglia Besnier – che in Italia controlla già Galbani, Invernizzi e Cademartori – definirà nella giornata di oggi i dettagli tecnici del passaggio azionario che le consentirà di presentarsi all’assemblea del 14 aprile con una partecipazione del 29%, appena sotto la soglia dell’Opa, un pacchetto probabilmente decisivo per conquistare il controllo del cda di Parmalat e alzare su Collecchio la bandiera francese.
Lo schiaffo di Parigi lascia ben poche speranze di ribaltare la situazione ai paladini dell’italianità. L’unica strada “finanziaria” a disposizione è a questo punto il lancio di un’Opa sul 100% della società di Bondi. Ma il prezzo è salatissimo (poco meno di 5 miliardi) e viste le difficoltà incontrate da Intesa a raccogliere un miliardo per fronteggiare Lactalis in questo primo tempo della partita, il percorso è decisamente impervio. La palla è quindi in mano al governo che ha già ribadito più volte di voler proteggere Parmalat da scalate ostili per il peso che l’azienda ha nella delicatissima filiera lattiero casearia nazionale. E’ ancora possibile? Tremonti potrebbe trovare formule giuridiche (simili a quelle utilizzate proprio dalla Francia) per bloccare le operazioni non gradite su società strategiche, ma ora che Lactalis ha in mano la maggioranza relativa tutto è più complesso. E un eventuale intervento a gamba tesa di Roma esporrebbe l’Italia un lungo contenzioso in sede Ue. La pressione delle organizzazioni agricole – preoccupate che i francesi si approvvigionino di materia prima all’estero – potrebbe però convincere lo stesso l’esecutivo a giocare questa carta.
A uscire con le tasche piene sono invece i fondi stranieri che dopo essersi dichiarati pronti a scendere in campo per difendere l’italianità di Parmalat hanno deciso invece all’ultimo minuto di cedere alla tentazione del denaro, incassando (in maniera del tutto legittima) un netto premio rispetto ai piccoli azionisti e agli altri loro colleghi fuori dal patto a tre.

MILANO – La Francia segna in contropiede un goal pesantissimo all’Italia nella partita per Parmalat. Lactalis, già titolare di una partecipazione del 13,7% nel capitale di Collecchio, ha raggiunto un accordo per acquisire la quota del 15,3% in mano a Skagen, MacKenzie e Zenit, i tre fondi che avevano presentato una propria lista per il cda per scalzare Enrico Bondi. La firma è arrivata nelle prime ore di oggi dopo un braccio di ferro con IntesaSanPaolo che in nome della cordata italiana era da ore in pressing sugli investitori istituzionali. I transalpini però – incuranti del decreto anti-stranieri allo studio di Giulio Tremonti 1 – hanno fatto saltare il tavolo con una maxi-offerta a 2,8 euro per azione (il 13% in più della chiusura di ieri) per un totale di 750 milioni che ha spiazzato Cà de Sass, costretta alla prudenza in attesa di un via libera di Ferrero all’operazione tricolore. La società della famiglia Besnier – che in Italia controlla già Galbani, Invernizzi e Cademartori – definirà nella giornata di oggi i dettagli tecnici del passaggio azionario che le consentirà di presentarsi all’assemblea del 14 aprile con una partecipazione del 29%, appena sotto la soglia dell’Opa, un pacchetto probabilmente decisivo per conquistare il controllo del cda di Parmalat e alzare su Collecchio la bandiera francese.
Lo schiaffo di Parigi lascia ben poche speranze di ribaltare la situazione ai paladini dell’italianità. L’unica strada “finanziaria” a disposizione è a questo punto il lancio di un’Opa sul 100% della società di Bondi. Ma il prezzo è salatissimo (poco meno di 5 miliardi) e viste le difficoltà incontrate da Intesa a raccogliere un miliardo per fronteggiare Lactalis in questo primo tempo della partita, il percorso è decisamente impervio. La palla è quindi in mano al governo che ha già ribadito più volte di voler proteggere Parmalat da scalate ostili per il peso che l’azienda ha nella delicatissima filiera lattiero casearia nazionale. E’ ancora possibile? Tremonti potrebbe trovare formule giuridiche (simili a quelle utilizzate proprio dalla Francia) per bloccare le operazioni non gradite su società strategiche, ma ora che Lactalis ha in mano la maggioranza relativa tutto è più complesso. E un eventuale intervento a gamba tesa di Roma esporrebbe l’Italia un lungo contenzioso in sede Ue. La pressione delle organizzazioni agricole – preoccupate che i francesi si approvvigionino di materia prima all’estero – potrebbe però convincere lo stesso l’esecutivo a giocare questa carta.
A uscire con le tasche piene sono invece i fondi stranieri che dopo essersi dichiarati pronti a scendere in campo per difendere l’italianità di Parmalat hanno deciso invece all’ultimo minuto di cedere alla tentazione del denaro, incassando (in maniera del tutto legittima) un netto premio rispetto ai piccoli azionisti e agli altri loro colleghi fuori dal patto a tre.

Fonte: Repubblica.it

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