A tu per tu con Ira Green: intervista con l’astro nascente della musica rock a The Voice of Italy

Arianna Carpentieri aka Ira Green. Foto di Roberta Roma

Arianna Carpentieri aka Ira Green. Foto di Roberta Roma

È un pomeriggio soleggiato che fa da sfondo ad un piacevole incontro con la “diavolaccia” (così come definita da Piero Pelù ndr) che, gentilmente, ci ha concesso un’intervista che spazia dalla sua immagine pubblica alla sua sfera privata.

Prima ancora di salutarci, dicci come ti dobbiamo chiamare. Ira o Arianna?
“Ira, Ira…Preferisco così o perlomeno è più facile da ricordare, anche per me.”

Bene allora, ciao Ira! Partiamo con una domanda scontata, cosa si prova ad essere a “The Voice”, una kermesse di carattere nazionale?

“E’ a dir poco surreale, non esiste posto in cui vorrei essere se non questo. A distanza di undici anni sento che quelle poltrone girate sono state l’inizio di un sogno che magari…chissà…si avvererà”

La tua esibizione ha strabiliato tutti e cinque i giudici, la scelta di Pelù è stata davvero così scontata dato il tuo animo rock?

“Penso ci siano tante cose dietro un’apparenza rock, metal, punk, classica o cosa. La sensibilità è una di queste. Ho tentennato per un attimo, quando Roby Facchinetti e figlio si sono complimentati e mi hanno fatto traballare le idee fino ad allora ben salde. Ma sono una persona ben ferma, se sono qui è perché vidi Pelù seduto su quella poltrona e pensai che quel momento in cui io respiravo tremando le parole di quella canzone, lui le avrebbe percepite per primo. Infatti è stato il primo a girarsi. Eppure come veggente faccio schifo.”

Sono passate circa tre settimane dalla tua apparizione televisiva, tanti i commenti positivi sul web sia degli utenti sia degli addetti ai lavori, come ti sei posta nei confronti di questa crescente visibilità?

“Devo ammettere che non sono abituata ad essere così tanto “sotto i riflettori”, anche se magari non sembra tanto, sono una persona profondamente timida. In tanti hanno scritto sulla pagina Facebook e sul profilo personale, mi sono presa un paio di giorni ed ho voluto rispondere a tutti come sto continuando a fare. Parlo del più e del meno, chiedo gusti musicali, mi interesso. Parliamoci chiaro, se io fossi al posto loro vorrei anch’io esser tenuta, da una persona che in qualche modo stimo, in considerazione anche un po’. Per far sapere anche che esisto, per far capire che laddove io non posso parlare, parlerà quella persona anche a nome mio.”

 Dacci un’anticipazione. Che cosa succederà adesso?

“Mi dispiace ma, chiedete troppo. Citando un film…” Dopo dovrei solo uccidervi”… Posso dire solamente che manca poco alle Battle (il secondo turno N.d.r.).”

Parliamo un po’ di te. Nell’intervista pre-esibizione hai accennato ad un tema ancora poco sviscerato socialmente: il bullismo. Ci racconti la tua storia e di come la musica ti abbia aiutato nel tuo percorso?

“La mia storia è ben lunga rispetto a quell’accenno. Ho subito del bullismo sin dalla seconda elementare e si è protratto per due lunghi anni. Prima un’offesa, poi uno spintone, poi si passa al litigio fisico. Sono cose che, in un silenzioso crescendo, ti lacerano dentro perché la tua testa ti dice di reagire e il buon senso combatte per non fartelo fare. Ma ci sono cose che nemmeno la mente stessa può controllare. Quel famoso episodio che ho raccontato nell’intervista fu la goccia che fece traboccare il vaso. Una volta uscita da quel bagno, la bambina attenta a scuola e silenziosa si prese una pausa mentre tutto quello che avevo trattenuto salì a galla. Diventai d’un tratto violenta, non ragionavo più di tanto, quasi come quando il toro s’imbestialisce dinanzi ad una bandiera rosso vivo. Le medie furono il periodo più disastroso in cui c’erano solo due alternative, o eri vittima o carnefice. Io scelsi la seconda con poca riflessione. E continuai fino alle superiori, diventai quasi inavvicinabile. Quello che ho fatto o detto non mi rende fiera. La mia reazione al bullismo è stata forse scontata, ma non esistono regole morali quando il dolore ti rende cieco. Accusare una persona di non esserne sensibile, quando poi ne è stata vittima per prima, non è il modo più semplice di capirne le cause.”

 …E tu hai avuto davvero tanto coraggio a parlare di un tema così delicato e personale pubblicamente.

“Penso solo che chiunque ha il proprio scheletro nell’armadio. E tenerlo lì a marcire, distrugge solo le fondamenta della personalità di un individuo. Chiunque ha il potere di fermarsi e chiedersi se quel che sta facendo fa bene o male. Perché giusto e sbagliato, sono solo due utopie.”

 Prima di salutarci un’ ultima domanda. Pierò Pelù ti ha definita “Diavolaccia”, Blob “LadyMetal”, J-Ax “La ragazza che spaventa gli uomini che si depilano”, tu come ti definisci?

“A definirmi sarà il tempo. Non io.”

Oltre ad avere una bella voce hai anche uno spiccato senso dell’arguzia. Noi della Rosa Nera tifiamo per te. Ti ringraziamo per l’intervista e se puoi lascia un saluto ai nostri lettori.

“Sono io a ringraziare voi. Saluto tutti i lettori della Rosa Nera con affetto in attesa di risentirci. E ricordatevi di restare voi stessi, perché anche se cambiate la vostra persona la vita degli altri rimane la stessa”.

Marco Della Gatta

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